DELLA IMMORTALITA’
LA RIMOZIONE DELL’IDEA DELLA MORTE, LA SCINTILLA DELLA VITA, L’EVOLUZIONE DELLA SPECIE, DARWIN.
Quando morì mio cugino la moglie, rispondendo ad alcune domande, disse in modo lapidario: Carlo si riteneva immortale.
In effetti quindici giorni prima, bloccato a letto dal male devastante, spiegava con l’ultimo ardore che, avendo debellato l’inquilino e rimanendo solo da curare la sciatica, alla fine del mese sarebbe tornato a caccia.
La moglie di mio cugino non ha fatto altro che certificare l’esistenza fino all’ultimo di quella energia vitale che spinge tutti noi a comportarci come se veramente fossimo immortali, mettendo da parte continuamente il pensiero della fine, che peraltro sappiamo che sicuramente arriverà.
Questo indica che in realtà lo spirito è l’elemento dominante, il trascendente che governa la nostra vita attraverso la mente ed i sentimenti, è ciò che ci lega alle generazioni passate mediante il ricordo – e non solo – e che anche tramite i nostri discendenti ci proietta nel futuro.
Ho detto non solo perché bisogna distinguere tra pensiero, nelle forme del ricordo e della previsione, che psichicamente ci fanno viaggiare nel passato e nel futuro, e DNA, patrimonio genetico materiale mediante il quale abbiamo legami fisici con tutti quelli che ci hanno preceduto e con tutti quelli che ci seguiranno.
Da semplice uomo comune – e non certo da scienziato – ho sempre pensato come ogni essere vivente debba essere legato nella continuità delle generazioni alla prima scintilla della vita, in virtù dell’infinita catena della riproduzione che via via nel tempo ha subito modifiche, evoluzioni ed adattamenti, ma che mai ha subito interruzioni, essendo inimmaginabili cesure lungo tale catena che conduce alla prima molecola, cui ho dato il nome di Larva.
Ne parlai in un mio blog attivo anni fa, immaginando il testo di una e.mail speditami da una follower docente di scienze naturali ed intellettuale: “Caro Magnalbò, la Sua critica alla teoria evoluzionistica del Darwin nel post di ieri mi trova consenziente, ma limitatamente al filo che congiunge la scimmia con quella che Lei chiama la Larva, e cioè la molecola in cui si insediò la prima scintilla della vita. Questa analisi critica va però sviluppata per quanto riguarda la evoluzione delle varie specie di animali che, nel tempo, hanno assunto forme e caratteristiche diverse tra loro ( musi, nasi,orecchie, zampe, pinne, gobbe, proboscidi, manto,pelo,squame, lingua, corna etc. etc.). Non è però questo che mi preoccupa, perché so quanto Lei sia puntuale nel lavoro, e sono sicura che quanto prima affronterà ab imis la questione: ciò che mi pone problemi, come appartenente alla comunità laica e scientifica, è quanto da Lei lucidamente sostenuto, e cioè che con la ricerca è coniugabile il concetto di fede in relazione al c.d. problema dell’Universo Intelligente, concetto che si sostanzia nel principio dell’immanenza di una Mente al di là dei confini della scienza e delle nostre capacità di sapere. Lavorerò anche io su questo tema e tornerò a scriverLe. R.d S. R.“
Ma che cosa avevo scritto per suscitare l’interesse di tanto personaggio?
Avevo semplicemente scritto questo pensiero sulla scintilla della vita:
“Darwin nella sua intuizione evolutiva non ha sbagliato, ma l’ha fatta partire dalle scimmie. E prima? Tra la Larva – mossa dalla originaria scintilla della vita – e le scimmie, sono passati milioni di anni, e anche le scimmie, quali esseri viventi, discendono dalla Larva. Il problema è invece l’ordine dell’ Universo, se esso sia opera di un disegno intelligente o conseguenza di equazioni matematiche ad iniziare dal big-bang, equazioni ed operazioni che sottintendono altrettante reazioni chimiche e fisiche che si ripetono continuamente nel tempo e nello spazio, e che sono identiche tra loro in identiche situazioni ( anche se nell’Universo nulla esiste di perfettamente identico, al di fuori della convenzione matematica: infatti se in matematica 2 più 2 fa quattro, ciò non è nella realtà fisica, in quanto è impossibile che una unità sia perfettamente identica all’altra). Il disegno intelligente presuppone invece l’ idea di una Mente preesistente, di cui noi umani – con i nostri meccanismi mentali – non possiamo conoscere né l’entità né l’origine, e che per fede consideriamo Immanente. Ecco come attraverso la fede il pensiero di Dio, Creatore, Verbo, Immagine, Sapienza si concilia con la scienza, che oltre certi limiti non sa dare spiegazioni e deve fermarsi alla consistenza del “subito dopo”, anche alla luce – aggiungo oggi – della notizia di questi giorni, quella che riferisce che, mediante strumenti particolarmente sensibili e sofisticati, alcuni ricercatori sono riusciti a percepire l’eco del big-bang: ma ciò non spiega scientificamente cosa l’abbia provocato, anche se forse è noto in quale ambiente si sia prodotta la causa scatenante.”
LA TUTELA DELLA VITA A PARTIRE DALL’EMBRIONE.
Dal pensiero sull’evoluzione sono poi passato a quello sulla tutela della vita, anch’esso riferibile in qualche modo al concetto di immortalità.
Ecco il pensiero:
“Parte il nostro viaggio dalla tutela della vita fin da prima della nascita, concetto che può trovare condivisione tra darwiniani, neodarwiniani, relativisti neoconservatori, teologi creazionisti e scientisti puri.
Infatti la discussione non si fonda sul valore intrinseco della vita, sul suo essere il motore che anima la materia, sul soggetto divino o materiale cui spetta la sua origine; la discussione investe direttamente un quesito, proponibile a tutte le teorie, se cioè vi sia qualcuno al mondo cui spetti decidere sulla vita di un altro, e cioè sul diritto più fondamentale che esista.
Di fronte a tale quesito, di natura si potrebbe dire procedurale e non sostanziale, a nulla rileva che l’uomo discenda da una scimmia o da una larva, che la vita sia arrivata o meno sulla terra da altri sistemi stellari, o che sia stata una entità preesistente, eterna ed immanente, e cioè un Dio che sempre fu, sempre è e sempre sarà, a donarla all’uomo, che prima era amorfa creta ( Dio lo modellò..); ed è singolare quanto emblematico notare come l’informe argilla di cui alla tradizione religiosa del Dio modellatore sia quasi la stessa primordiale materia di cui alla originaria molecola ( Larva) nella quale lo spirito vitale – secondo la scienza – trovò habitat fecondo e capace di favorire la rigenerazione. E, al di fuori della Fede, si potrebbe ritenere che forse fu l’uomo ad ideare Dio, una sorta di creazione invertita, per spiegarsi in qualche modo, secondo le proprie capacità intellettive, le origini della vita, essendogli del tutto impossibile risalire con esattezza con metodi scientifici alla certa provenienza di essa.“
IL TEMPO
Era anche il periodo in cui mi ero dedicato all’analisi del tempo, e cioè a cercare di capire cosa sia il tempo, un elemento misterioso che con l’immortalità ha stretta attinenza, nel senso che essa si identifica in un tempo infinito, che scorre continuamente senza sosta, o che viceversa è immobile e non scorre mai.
Dieci pensieri sul tempo
Primo pensiero:
Il tempo non è altro che la dimensione invisibile dello spazio; come lo spazio è un contenitore, che si restringe man mano che i suoi contenuti aumentano.
Secondo pensiero:
Il rapporto tanti pensieri ed idee/ meno tempo è dato solamente dalla scansione convenzionale del tempo, senza la quale il tempo non è soggetto a limiti.
Terzo pensiero:
Per andare da un luogo all’altro, divisi da uno spazio, occorre tempo, e in questo caso il tempo diviene una misura; tale misura costituisce un limite del tempo, mentre senza tale condizionamento il tempo non ha dimensione.
Quarto pensiero:
Il tempo non è una categoria dello spazio, ma un modo di essere virtuale di esso.
Quinto pensiero:
Mentre lo spazio fisico è delimitato da perimetri corporei e visibili, il tempo è delimitato da perimetri invisibili derivanti dal pensiero e dalle convenzioni.
Sesto pensiero:
La velocità è il prodotto delle energie che si impiegano per muoversi nello spazio ed è inversamente proporzionale al tempo.
Settimo pensiero:
La identificazione totale tra velocità e tempo non è possibile perché in assenza di spazio il tempo esiste pur essendo immobile, mentre la velocità in assenza di spazio non esiste.
Ottavo pensiero:
In totale assenza di energie e percezioni il tempo esiste ma non è calcolabile.
Nono pensiero:
Il tempo dunque è nello stesso tempo lo spazio metafisico e la misura dello spazio fisico.
Decimo pensiero:
L’invecchiamento umano non è collegato al trascorrere del tempo ed alla sua velocità, perché le cellule invecchiano anche quando il tempo è immobile e non misurabile ( stanza completamente buia e senza suoni).
L’IMMORTALITA’ RELATIVA
E’ l’unica forma esistente di immortalità, e deriva dalla mente, nel senso che ogni uomo tenta di crearsela mediante il tramandare la propria immagine di cui si avrà imperituro ricordo.
Naturalmente la costruzione dell’immagine è individuale e relativa, e varia secondo il variare dei singoli soggetti, del loro lavoro, del loro habitat e – in sostanza – della loro singola storia, per cui anche la diffusione, se così si può dire, di tale immortalità, pur potendo essere eterna, per gli individui normali lo è ristretta alla memoria della comunità di appartenenza ( ma bisogna però considerare che oggi molto è cambiato, poiché qualsiasi social network consente di diffondere l’immagine individuale, con i suoi comportamenti positivi o negativi, nel contesto di una rete che si ramifica a livello mondiale).
Esempi
Entro tali limiti di immaginazione e conoscenza divenne immortale, con il suo bramato e sparlato fiore, la
donna delle cui forme e delle cui specialità si discuteva la sera in cenacolo, finiti i lavori, nello studio del capo degli operai della villa, e immortale divenne Alfonso che con cento Nazionali e due fiaschi di vino ogni notte d’estate arava con il trattore la terra ( sono ricordi d’infanzia).
Rolando invece, il più bravo dei marmisti di tutti i tempi, cerca nelle balaustre e nei camini la sua immortalità, mentre il pittore fantastica del ricordo eterno che i mortali avranno di lui, quando quel suo quadro verrà appeso nelle più celebri stanze dei più celebri musei; e così il fotografo con i suoi ritratti ed i suoi paesaggi, e lo scrittore che scrivendo medita di venire reso immortale dai suoi libri, editi con tiratura pari al numero di tutti gli abitanti della terra; ed anche l’azione negativagenera immortalità, basti ricordare Giuda, Attila, Hitler, Stalin ed altri personaggi che nella loro malastoria fino ad oggi hanno costituito esempi di imperituro ricordo.
Il ricordo e l’oblio.
Ma non si sa se il ricordo immortale continuerà ad avere posto in una era tecnologica dove tutto svanisce per fare luogo a figure virtuali, spesso mostruose, che si rinnovano ad altissima velocità, capaci magari di esplodere sullo schermo per poi immediatamente riattivarsi, radicando nell’immaginario infantile che ciò sarà un giorno o l’altro umanamente possibile; un’era tecnologica che spesso con i suoi strumenti culturali a comparti e ad effetto limitato può anche indurre alcuni soggetti a trascurare persino capisaldi di informazione e di cultura, come il giovane studente che l’altro giorno nel corso di una trasmissione televisiva a quiz non ha saputo dire che nome avesse assunto il cardinale Ratzinger come pontefice, e di fronte alla meraviglia del conduttore si è scusato dicendo che lui non segue “certe cose”.
A proposito di tale possibile oblio, che in pratica inficia il concetto della immortalità dovuta alla memoria, Carla Mattioli, una colta amica per la quale l’immortalità si identifica con la fede – ritiene senza ombra di dubbio che per quanto riguarda la memoria che rende immortali essa può decadere : la figura per me immortale, come ad esempio Garibaldi – sostiene la signora Mattioli – può non esserlo più per mio figlio e tantomeno per mia nipote. È questa una teoria non del tutto difendibile, in quanto collegata all’idea di un popolo destinato ad una inevitabile e rovinosa caduta culturale, ma si accosta molto al principio, noto e risaputo, per cui la riconoscenza dopo due mesi muore.
Anche Mario Cesar Scoccia, un italiano in Argentina da cinque generazioni, è convinto che sia la fede la chiave della immortalità, mentre per Marcella Palazzo si è immortali solo nel cuore delle persone che ci amano e continuano ad amarci, e non crede che esista altra forma di immortalità; per Silvio Natali, infine, medico ed illustre pittore, è immortale una poesia, un dipinto, un ideale, una foto, un ricordo, ma soprattutto una illusione.
LUNGO LA VIA DELL’IMMORTALITÀ – LA MEDICINA – LA VITA SI ALLUNGA.
Nell’ambito della immortalità relativa anche la medicina ha la sua parte, e tende a svolgere un ruolo sempre più incisivo consentendo un ciclo vitale impensabile in tempi precedenti.
Se pensiamo infatti alle ultime evoluzioni dobbiamo concludere che l’immortalità relativa è una realtà munita di velocissima dinamica, tanto che fra breve avremo una società relativamente immortale in cui i nonni di 120 anni, bionici alle articolazioni, con il cuore ed il fegato meccanici, accaniti consumatori di viagra, e probabilmente con capelli trapiantati, avranno figli di 90, nipoti di 60, pronipoti di 30, pro-pronipoti di 1, e cioè avremo una società formata da 5 generazioni che convivono fra loro, per di più fra gestioni personali fatalmente arretrate e gestioni personali tecnologicamente avanzatissime.
Inoltre tale concetto di immortalità, molto legato all’ essere materiale, pone grandi problemi nella società dell’immagine, nel cui ambito la chirurgia plastica svolge una diffusa funzione di sostegno, che però assume toni devastanti quando viene a prevalere il mito dell’eterna giovinezza in una grave dissociazione tra corpo e pensiero, il quale oltretutto perde man mano capacità critica per quanto riguarda le forme materiali che lo ospitano.
Altro gravissimo problema che genera tale immortalità relativa è quello di uno Stato che non riuscirà a mantenere e sostenere i livelli di protezione sociale oggi raggiunti, con la paradossale conseguenza che sarà proprio l’avanzamento della scienza ad introdurre una progressiva decivilizzazione della società.
IL PENSIERO
L’immortalità dunque viaggia sul filo del pensiero, mediante il quale – attraverso l’immediata, personale ed autodeterminata formazione di immagini – si può compiere in poche secondi un viaggio nell’ Infinito, andando istintivamente a ricercarne la fine, poiché l’uomo non può con la sua mente concepire un qualcosa che si dilati senza misura nello spazio e nel tempo.
Il pensiero quindi è capace di condurci ovunque, ma presuppone la preesistenza di una immagine formatasi nella nostra mente: infatti possiamo amare o non amare qualcuno se l’abbiamo già visto e ce lo rappresentiamo, possiamo desiderare un oggetto, una persona o una situazione solo se la nostra mente se ne è costruita una immagine, anche magari solo fantasiosa ed avulsa dalla realtà.
Vi è poi la immortalità derivante da un evento pubblico e straordinario, come la morte ingiusta, traumatica, e dolorosissima del Cristo che poi – evento successivo e complementare, sovrannaturale e misterioso – sarà capace di risorgere.
Tali eventi sono alla base della nostra idea religiosa, trovano la loro storia nei Vangeli, ma l’atto finale di adesione e di adorazione può solo derivare dalla fede, che è un sentimento sciolto dalle cose umane e che oltrepassa l’ umana dimensione.
Si inserisce qui la costruzione teologica della transustanziazione, adottata dalla Chiesa con il IV Concilio lateranense del 1215, e cioè il pane che diventa il corpo del Cristo, ed il vino Suo sangue, un rito che perpetuandosi ogni giorno in ogni messa celebra il continuo immortale rinnovarsi del martiro di un Dio fattosi uomo, divinamente risorto al terzo giorno dalla sua morte.
Lo stesso avviene per la creazione di Santi e Beati, procedure che presuppongono sempre un martirio materiale o spirituale del soggetto come – per fermarci all’età moderna – le piaghe di Padre Pio o il profondissimo dolore per le ingiustizie sociali sopportato fino all’ultimo da papa Wojtyla.
L’immortalità derivante dall’evento è poi anche quella dell’eroe, che sacrifica se stesso per il bene della Patria, o di un soggetto superiore o di un soggetto più debole, ed è dalla considerazione di tale evento che si perpetua la memoria di chi ne fu protagonista.
Ma il pensiero non è capace solamente ad indurci ad un puro amore spirituale in quanto – per istinti rivolti alla perpetuazione della specie – controlla anche l’impulso attrattivo che conduce alla consegna di quel seme che provocherà il concepimento; ed è per questo che il sesso femminile è capace di promuovere e regolare gli impulsi maschili, divenendone oggetto di quasi trascendente desiderio, fino a costituirsi quale immortale ed insuperabile feticcio.
Da questo impulso a generare deriva quella che potrebbe chiamarsi l’immortalità epigenetica, e cioè quella immortalità che è insita in ogni storia familiare e che si svolge lungo un filo costante tra antenati, individuo esistente e suoi successori o, più precisamente tra le loro percezioni, le loro memorie e le loro speranze.
GLI EQUIVOCI DELLA IMMORTALITÀ
Se è vero dunque che sotto il profilo fisico e materiale non esiste né può esistere il prolungamento di una vita all’infinito, ma si è raggiunta solo la possibilità di rallentare il deteriorarsi e l’invecchiamento dell’organismo e delle sue cellule, ciò comporta che umanamente parlando non esiste una immortalità assoluta; né di ciò può correttamente parlarsi in riferimento alla clonazione o alla partenogenesi.
La clonazione, la pecora Dolly e il topo giapponese.
La clonazione è la procedura che consente di ottenere un individuo del tutto identico ad un altro, donatore di un nucleo cellulare completo di corredo genetico: il più famoso risultato di clonazione su mammifero è la pecora Dolly, ma sono stati clonati anche cavalli, cani e gatti, e nelle aziende zootecniche più moderne la pratica viene usata per ottenere copie di campioni come tori da monta con particolare capacità riproduttiva, o cavalli specialmente portati per la corsa. La clonazione può ripetersi all’infinito, lo stesso patrimonio genetico continua a vivere nelle copie che si succedono, e in Giappone è stata realizzata da parte di un team specializzato guidato da tale Teruhiko Wakayama la 26° generazione di un topo; e probabilmente i successori, dotati delle stesse cellule celebrali disposte allo stesso modo, predisposte alle stesse emozioni e soggette al medesimo sviluppo mentale, hanno gli stessi istinti e gli stessi moti razionali del primo dante causa; anche se invece in proposito alcuni studiosi ritengono che ogni copia avrà una psicologia individuale e propria, e quindi diversa.
Il cervello passante.
Tale argomento, che possiamo definire del cervello passante è stato ultimamente affrontato nella letteratura cinematografica dal regista Wally Pfister con il film Trascendence, nel quale il cervello di un ricercatore nel campo della intelligenza artificiale, che ha lavorato alla realizzazione di una macchina senziente, viene ucciso, ma il suo cervello viene prelevato e collegato allo strumento da lui ideato, capace di combinare l’intelligenza di tutto ciò che da quel cervello è stato conosciuto con l’intera gamma delle emozioni umane; ne deriva un risultato diabolico, in quanto la macchina, mediante un procedimento autodeterminante ed inarrestabile elabora sempre nuove idee (programmi) privi di etica, di sensibilità e di umanità, promuovendo la formazione di una civiltà feroce, cinica e spietata, attraversata da un delirio di lotta e violenza tra gli individui che la compongono.
La partenogenesi.
In tutti questi casi trattati siamo di fronte a delle procedure di rigenerazione – anche tecnologica – dello stesso individuo, ma è chiaro che parlarne in termini di immortalità si produce solo un equivoco, come anche nel caso della partenogenesi, fenomeno noto in riferimento ad alcune piante ( riproduzione per gemmazione) e ad alcuni esseri viventiderivanti dalla generazione di nuovi soggetti attraverso la divisione di una parte dell’individuo genitore. Tale fenomeno è noto fin dai tempi di Platone, Aristotele ne parla nel suo sesto libro della Fisica, e la Medusa è uno di questi esseri viventi.
CONCLUSIONI
In definitiva l’immortalità come categoria non esiste, e soprattutto non esiste in conformità a quanto il pensiero dell’uomo pensa di lei, e cioè a un individuo, sempre lo stesso individuo, che materialmente ha la capacità di durare all’infinito, senza che le sue cellule si deteriorino, che il suo organismo invecchi, e che il suo cervello si disabiliti.
D’altra parte se il concetto di immortalità fisica non può oggi trovare spazio nell’ambito di società strutturate in base alla morte degli individui e cioè sulla completa sostituzione anche in via di efficienza lavorativa delle varie generazioni che si susseguono, riuscire a concretizzarlo in futuro rappresenterebbe il più grosso guaio per la comunità mondiale e segnerebbe la fine di essa: basta pensare ai 7,2 miliardi di individui presenti sulla terra al 1 gennaio 2014 proiettati all’infinito, e capaci in una sola generazione di riprodurne altri parimenti immortali.
Ma a parte questo, e al di fuori della scienza e della materiali aspirazioni, magari ascoltando musica o contemplando la natura con i suoi miracoli ed i suoi colori, sento a volte che l’anima diventa insofferente alle cose umane, ai beceri atteggiamenti, alle offese che riceve, alle stupide ironie, al corpo degradato ed alla mente che si perde, ed è come se volesse andarsene in luoghi separati, dove tutto è ordine, armonia, leggerezza e beatitudine; e credo che questa sia la vera ed unica immortalità che si possa desiderare
Luciano Magnalbò